martedì 29 gennaio 2013

"Radici troppo numerose, per poterle recidere"


La terra che sonnecchia sotto la neve ancora non sa delle sorprese che le ha riservato il nostro ultimo viaggio in Provenza. Allargando gli orizzonti si scopre un’eccezionale varietà anche in campo orticolo. La soupe de petit épeautre alla provenzale ci ha fatto scoprire il Panais (Pastinaca sativa subsp. sativa). Pianta biennale della famiglia delle Apiaceae (Ombrellifere) ha una radice a fittone simile alla carota ma un po’ più grande e di colore biancastro. Il gusto è differente: più delicato e meno dolce. Coltivata già nel medioevo fa parte delle antiche varietà orticole in parte dimenticate. Si può usare come la carote per insaporire zuppe e minestre, lessata o in vellutata.

Il Potimarron è una cultivar del Potiron, appartiene alla famiglia delle zucche (Cucurbita maxima). Ha la buccia arancione la sua polpa consistente giallo-arancio, ottima in zuppa, pare ricordi il gusto della purea di castagne (cosa che sta molto a cuore ai francesi!). Dopo la vellutata di Marie-Christine abbiamo recuperato qualche seme, aspettando primavera.



Chiacchierare di orti, ortaggi e multinazionali delle sementi con Marion dentro alla sua Yurta, piccola costruzione a base circolare tipica delle popolazioni nomadi dell’Asia, sembra quasi un paradosso. Lei è una giovane imprenditrice agricola che ha da poco piantato le radici – sue e delle piante che coltiva – nella terra argillosa al confine tra Vaucluse e Alta Provenza. In estate, ogni sabato, al mercato di Apt vende ortaggi ai parigini che scendono al sud per accendere le luci sfavillanti delle loro seconde o terze case di campagna. E’ un bell’esempio di resistenza e di vita attiva, ci ha regalato i semi di parecchie varietà di pomodori (Tomates Ananas, Raisins Verts, Green Zebra, Tomate Coeur de boeuf  orange…) e ha ricevuto in cambio i semi dei Cuore di bue del Buon Villano. Scambiarsi semi è un po’ come scambiarsi la promessa di una nuova vita e - se sono ortaggi - di nuovi sapori. Mi piace pensare le differenze locali come valore aggiunto, vasi non comunicanti con diversi contenuti a diversi livelli. Nell’era del globale e della comunicazione c’è ancora di che stupirsi per una nuova pianta o un nuovo sapore. A patto che la scoperta sia fatta un poco alla volta, per non correre il rischio di bruciarsi in una solo volta tutto il gusto del ritrovamento.

Fra qualche settimana inizierà il tempo delle semine, convinti che la nostra crescita passi anche attraverso una manciata di nuovi semi sconosciuti.

martedì 8 gennaio 2013

Un vestito nuovo e un paio di scarpe rotte

ovvero quando le parti debitamente si rispondono


L'aspirazione a un vestito nuovo non è un male quando ha a che fare con la bellezza. 
E' un bisogno ancestrale quello dell'uomo di mettere ordine al caos che gli sta intorno. Curare la propria persona per appartenere al gruppo, per non essere esclusi, ancor prima di apparire è una delle caratteristiche che ci distingue dagli altri animali. E' questione di armonia, di ritmo, di elementi che si susseguono con una qualche logica per creare un senso. Una tensione alla piacevolezza che attraverso la vista, l'olfatto o l'udito ci suscita emozioni positive. Questo è mettere ordine;  l'ordine come serie, dice il dizionario dei sinonimi, si contrappone alla disarmonia. Un giardino, un orto, un qualsiasi spazio modellato dall'uomo assume sostanza nell'espressione del sentimento che tiene insieme le varie parti, che gli conferisce significato. Ma una sequenza di oggetti da sola non basta. Senza una scintilla di vita, una soluzione di continuità, un'alternanza, tutto è omogeneo, nulla ha valore. Chiazze di prato bruciato, qualche erbaccia, una pietra sul sentiero, un prato spettinato segnano il metro, danno consapevolezza e rapportano al reale.

In questo senso il desiderio di pulizia, di ordine, di un vestito nuovo ben venga. 
A patto di avere un paio di scarpe rotte a far si che le parti "debitamente si rispondano".